OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 12
Emma
– Eh dai, andiamo! – dico ad Alex, saltellando.
– Arrivo… – mi dice, mentre si allaccia la scarpa. Appena finito, scatta in piedi e corre verso di me.
Parto subito, dandogli le spalle, ma lui è troppo veloce, lo è sempre stato. Mi raggiunge in un attimo, prendendomi per la vita.
– Dove scappi?… – mi dice, bloccandomi per la vita e fermandomi.
Mi giro verso di lui, gettandogli le braccia al collo e offrendogli le mie labbra. Voglio un bacio, ne voglio un altro, poi un altro ancora… Non mi bastano mai.
Lui esaudisce la mia richiesta, e mi bacia, profondamente, a lungo.
– Certo, che se continuiamo così, col cavolo che facciamo jogging, stamattina… – mi dice, sussurrandomi sulle labbra.
Gli prendo le mani, e mi circondo la vita.
– Tanto, attività fisica l’abbiamo già fatta stanotte… e stamattina… – gli dico, sorridendogli.
– Una splendida attività fisica… – mi dice, sorridendo, poi, mi gira, e mi dà una sculacciata sul sedere, partendo di corsa – Avanti pigrona! Andiamo!
Dopo circa un’ora siamo a casa sua, di nuovo. Entriamo, e lui mi prende subito per un braccio.
– Andiamo a farci una doccia – mi dice, tirandomi verso il bagno.
Ci spogliamo in fretta, ed in un attimo ci troviamo avvinghiati sotto l’acqua calda, uniti di nuovo anima e corpo, tra gemiti, spasmi, e sussurri.
– Dovrei andare davvero, Alex, ora… – gli dico, tristemente, passando un dito sul suo torace nudo – Sono stati giorni stupendi… Ma sono le 18,00, domani andiamo al lavoro, e… Ho anche due figli, sai?
– Lo so… – mi dice – Hai pensato alla mia proposta?
– Quale proposta? – gli chiedo.
– Quella che ti ho fatto al supermercato – mi dice, sorridendo – Forse non era un granché romantico, ma… era comunque una proposta…
Mi torna in mente la parola “fidanzata” … E mi torna in mente anche stanotte, quando mi ha detto che mi ama… Io non ho risposto, a nessuna delle due.
Non so che dire, in realtà, so solo che ho paura, penso a John, penso ad Alex… penso purtroppo anche a Michael. Non sono serena, non ho le idee chiare.
Sto bene con Alex, benissimo, sono felice, serena, appagata, lui è meraviglioso, ma non mi sento libera di vivere questa storia.
Mi guardo la mano, porto ancora la fede e l’anello di fidanzamento di John.
Lui sembra intuire i miei pensieri, e mi prende la mano sinistra, stringendomela.
– Emma… non voglio farti fretta… – mi dice – Posso immaginare come ti senti. Sappi solo che io ti voglio, ti desidero… E ti amo. Ho bisogno di sapere che non stiamo giocando, tutto qui.
– Non sto giocando, non lo farei mai, con te – gli dico, sinceramente – È solo che non ho la mente sgombra… Ultimamente sono successe tante cose, dopo anni di solitudine… Avevo raggiunto un mio equilibrio, da sola, sotto la mia campana di vetro, con te che mi stavi vicino, come amico… Ed ora, è tutto diverso tra noi, stupendamente diverso.
Lo guardo negli occhi, prendendogli il viso tra le mani.
– Dammi solo il tempo di abituarmi, per favore… – gli dico, sommessamente.
– Certo, amore… tutto quello che vuoi – mi dice, prendendomi una mano e portandosela alle labbra.
– Grazie – gli dico, sorridendo.
– Però promettimi che non vedrai nessun altro, soprattutto lui – mi dice, con lo sguardo impaurito.
– Te lo prometto, Alex – gli dico. “Questo sì, posso farlo” penso, e poso le mie labbra sulle sue.
– Congratulazioni! – mi dice Kate, venendomi incontro – Siete stati favolosi!
– Grazie, Kate – le rispondo – Qui, venerdì, tutto a posto?
– Sì, tutto a posto… Wow, ma che bella collana… – mi dice, riferendosi al ciondolo che mi ha regalato Alex – Da dove arriva? Da Los Angeles?
– Ehm… sì, – le rispondo – È una lunga storia…
– Buongiorno, donne – dice una voce meravigliosa, alle mie spalle. Mi giro di scatto.
– Ciao, Alex… – gli dico, lui si avvicina a me, dandomi un bacio sulla guancia.
– Tutto bene? – mi chiede.
– Certo, tu? – gli chiedo io.
– Tutto meravigliosamente bene – mi dice – ho passato un week-end fantastico.
Arrossisco fino alla punta dei capelli. “Emma… 45 anni e ancora arrossisci… vergognati.” penso.
– Anch’io – gli rispondo – Vorrei che fossero così tutti i giorni.
Lui mi guarda, sorridendo in maniera spudoratamente perversa.
– Bene, vado al lavoro… Ci vediamo più tardi, ok? – mi dice, baciandomi di nuovo sulla guancia.
– Ok, a più tardi – gli dico. Ho ancora nelle narici il suo odore…
– Beh, cosa combinate, voi due? – la voce di Kate mi riporta alla realtà.
– In che senso, scusa? – le chiedo, fingendo di non capire.
– È successo qualcosa a Los Angeles tra te e Alex, vero? – mi chiede sorridendo.
Le sorrido.
– Pensa agli affari tuoi, Kate… – le dico, fingendo di rimproverarla, e mi avvio verso il mio ufficio, sotto il suo sguardo divertito.
Circa un’ora dopo sento suonare l’interfono.
– Sì, Kate?
– Ehm… Emma, hai una persona che chiede di vederti.
– E sarebbe? – le chiedo.
– Il signor Michael Murphy – mi dice – Sei libera?
Mi sento gelare. Che diavolo ci fa, qui? Se provo a dirgli che sono impegnata è capace di aspettare per ore, nell’ingresso, col rischio che Alex lo veda… Devo sbarazzarmi di lui, velocemente.
– Ok, fallo entrare – le rispondo. Mi alzo e vado alla porta ad attenderlo.
Vedo Kate, che mi lancia uno sguardo di disapprovazione. Poi, dietro, vedo lui. I suoi capelli rossicci, gli occhi profondamente blu, il suo sorriso ironico e sensuale.
È elegantissimo, indossa un completo grigio scuro, camicia bianca e cravatta grigia.
Mi guarda negli occhi, e non accenna a spostare minimamente lo sguardo, nemmeno una volta.
Mi sposto di lato, per farlo entrare.
– Grazie, Kate – le dico, entro anch’io e chiudo la porta.
Lo supero velocemente, andandomi subito a sedere alla mia scrivania.
– Accomodati pure, Michael – gli dico freddamente – Ti serviva qualcosa?
– No, sono venuto perché mi hai detto tu che questa settimana ci saremmo potuti vedere. Vorrei portarti fuori a pranzo, se ti va – mi dice, sedendosi su una sedia davanti al mio tavolo.
– No, guarda, mi dispiace, ma purtroppo sono impegnata – gli rispondo di getto.
– Allora domani – mi dice lui con il suo solito sorriso sensuale.
– No, Michael, nemmeno domani… – gli dico – A dire la verità… sto uscendo con una persona.
– Ah… – mi risponde lui, accusando il colpo – ed è una cosa seria?
– Abbastanza seria – gli rispondo.
– È quell’Alex, vero? – mi dice – Me ne sono accorto già dalla prima volta che sono venuto qui, quando l’ho incrociato in corridoio. Mi ha fulminato con lo sguardo. La conferma l’ho avuta quella sera al “The View”. È innamorato di te?
– Non sono affari tuoi – gli rispondo, acida.
– Mi hai già risposto – mi dice, alzandosi dalla sedia – E tu? Lo ami?
Sto zitta, senza rispondergli. Lui sorride, ed inizia a girare intorno al tavolo.
In quel momento, sento bussare alla porta. Un brivido gelato mi percorre la schiena, perché quel bussare lo riconoscerei tra mille.
– Avanti – dico in fretta. Michael si blocca di fianco al mio tavolo, in piedi.
Si apre la porta, ed entra Alex. Il suo sorriso si trasforma in un’espressione gelida.
– Ah, scusami… non sapevo fossi impegnata – mi dice – Ci vediamo più tardi.
Senza salutare, richiude la porta e se ne va. Osservo Michael, ha uno sguardo trionfante, mentre io mi sento morire. Gli ho fatto male, devo spiegargli… Un terrore cieco mi invade, e mi alzo in piedi.
– Senti Michael, ho da fare, per favore – gli dico, in fretta – Lasciami stare, ti prego.
Mi avvio alla porta e la apro, facendogli segno di uscire.
– Kate ti mostrerà la strada, grazie per la visita.
Lui si ferma in mezzo alla porta, davanti a me.
– Senti, Emma… – mi dice.
– Per favore, Michael, non ho niente da dirti, ti ho già detto di lasciarmi stare.
Mi fissa serio, poi si gira sui tacchi e se ne va. Ho l’impressione, comunque, che non sia finita qui, lo vedrò ancora, ne sono certa.
Ma ora non mi importa, penso solo ad Alex, mi metto quasi a correre verso il suo ufficio.
Devo spiegargli, avevo promesso, avevo promesso… Entro, la porta è aperta, lui non c’è.
Mi prende il panico, e mi precipito da Kate.
– Kate, hai visto Alex? – le chiedo, trafelata.
– Ha detto che sarebbe uscito per un po’ – mi risponde, seria – Emma… Ma chi diavolo è, quello?
– Lascia perdere, è una lunga storia… – le rispondo, mestamente – Alex… era arrabbiato?
– Arrabbiato, Emma? – mi dice – Era furioso, sconvolto… Non l’ho mai visto così…
– Grazie, Kate – le dico, torno nel mio ufficio, prendo il telefono e provo a chiamarlo. Mi riattacca in faccia. “Merda…” penso. Riprovo, di nuovo, non raggiungibile. L’ha spento.
Mi metto le mani nei capelli. “Dove diavolo sei, Alex?” penso preoccupata.
Alex
Cammino velocemente, sul marciapiede. Non so nemmeno dove cazzo sto andando.
Quando l’ho visto, lì… il mondo mi è crollato addosso. Merda, Emma… Merda!!!
Mi ha chiamato, ma non ho voglia di parlarle, sono incazzato nero, sono una furia, una belva!
Mi siedo su una panchina, e mi prendo la testa tra le mani. Devo calmarmi…
Resto seduto lì per un tempo che mi sembra un’eternità, finché il mio respiro non torna regolare e le mani smettono di tremarmi. “Alex la furia” così mi chiamavano, al liceo. Sono una testa calda, lo so, è nella mia natura. Con il tempo ho imparato a controllarmi, ma oggi, a quello stronzo, gli avrei messo le mani addosso, e, conoscendomi, l’avrei rovinato, cancellandogli per sempre dalla faccia quel suo sorrisino di merda. Se solo l’ha toccata con un dito, io…
“Calmati, Alex, respira…” penso “Respira a fondo e calmati.” Mi alzo, respirando a pieni polmoni.
Ok, posso tornare là dentro. Mi avvio verso l’edificio in vetro e acciaio della NY Advertisement, salgo con l’ascensore al mio piano e mi dirigo verso il mio ufficio.
– Ciao, Kate, ci sono messaggi? – le chiedo.
– No, solo Emma, che ti ha cercato… Era in pena per te. – mi dice – Tutto bene?
– Tutto bene, grazie. Ciao – le rispondo secco, e vado verso il mio ufficio, chiudendo la porta.
Passa un nanosecondo e sento il suo bussare leggero. Beh, Kate deve averla avvertita…
Va bene, Emma… parliamo.
– Avanti – dico, risoluto.
Apre la porta, sollevo lo sguardo verso di lei, è angosciata, sconvolta.
– Ciao… – mi dice, chiudendo la porta – Dove sei stato? Ero preoccupata per te…
– In giro, a sbollire la rabbia – le dico – Che cazzo ci faceva, quello, nel tuo ufficio?
– Si è presentato qui, Alex, senza avvisarmi – mi dice, mestamente – Che altro potevo fare?
– Mandarlo via, dirgli che eri impegnata.
– Senti, c’è qualcosa che devo dirti… – mi dice, seria.
“Cazzo, cazzo, cazzo! No, per favore…” penso, mentre un’enorme voragine mi si apre nel petto.
– Sentiamo – le dico, appoggiando la schiena alla poltrona, ed incrociando le braccia al petto.
– Le scorse settimane mi ha tempestato di telefonate… – mi dice – Io a volte non rispondevo, a volte rispondevo e gli dicevo di lasciarmi in pace… Poi, l’ultima volta che mi ha chiamato eravamo a Los Angeles.
Sento un pugno allo stomaco.
– Quando? – le chiedo.
– Venerdì a mezzogiorno, quando eravamo al ristorante, sono andata alla toilette… Mentre ero lì lui mi ha chiamato. Per liquidarlo gli ho detto che ero fuori città, che ci saremmo risentiti la settimana successiva… Non immaginavo che oggi si sarebbe presentato qui, mi ha preso in parola! Scusami se non te l’ho detto, ma poi… con quello che è successo tra noi… Mi è passato di mente, non lo consideravo importante…
– Cosa è successo là dentro? – le chiedo, a bruciapelo.
– Nulla, mi ha chiesto di uscire a pranzo, gli ho detto di no. Gli ho detto che sto uscendo con una persona, gli ho chiesto di lasciarmi in pace, poi sei arrivato tu. L’ho liquidato subito dopo.
Chiudo gli occhi, facendo un respiro profondo. Sento la bestia, dentro di me, che sta uscendo fuori. Sono incazzato nero, inviperito e cieco dalla gelosia, la rabbia monta, dentro di me, implacabile.
Ho solo un modo per farmela passare, qui, ora…
Mi alzo in piedi, stacco il telefono, poi vado verso la porta, e chiudo a chiave, poi la guardo.
Ha già capito le mie intenzioni.
Avanzo verso di lei, guardandola famelico, e lei arretra, istintivamente, arrivando con le spalle al muro. Vedo che si struscia le cosce, è il mio segnale.
Le prendo il viso, con una mano, attirandola verso di me, poi la bacio, infilandole subito la lingua in bocca… Profondamente, avidamente, con prepotenza, mordendole le labbra e succhiandogliele.
– Tu sei mia, capito? – le dico, tra un bacio e l’altro – Mia, Emma, mia e basta! È chiaro?
– Sì… – mi sussurra lei, a fior di labbra – Sì, Alex, sì… solo tua.
I sentimenti più potenti e violenti esplodono dentro di me. La spingo contro il muro, baciandola sempre più in profondità, premendo i miei fianchi contro i suoi, facendole sentire quanto la voglio.
Lei geme e si aggrappa a me, rispondendo con la stessa enfasi al mio bacio.
Le stringo i seni, forte, poi faccio scorrere la mano lungo i fianchi, e le sollevo la gonna. Con una zampata le abbasso le mutandine, e lei con un calcio le getta lontano. Poi, mi sgancio i pantaloni, velocemente, li abbasso insieme ai boxer, la sollevo e lei allaccia le gambe intorno alla mia vita.
In un secondo sono dentro di lei, con una spinta forte. Lei ha un sussulto, si aggrappa alle mie spalle, piantandomi le unghie. “Cazzo, Alex, che stronzo… Non hai nemmeno controllato se era pronta… per fortuna la era, eccome…” penso, l’eccitazione cresce, diventa sempre più forte, ed io inizio a spingere, vigorosamente, gemendo.
La voglio, tutta quanta, tutta per me… Spingo sempre più forte, in profondità, facendomi travolgere dalla rabbia, dalla gelosia, dal possesso di lei.
La vedo chiudere gli occhi, e piegare la testa all’indietro. Ci siamo, sta per venire. Accelero ancora di più, spingendo sempre più forte, e sento che lei si irrigidisce. Le copro le labbra con le mie, e la bacio, profondamente, per soffocare le sue grida. Io la seguo subito dopo, venendo violentemente e svuotandomi completamente dentro di lei.
Mi accascio sul pavimento, trascinandola con me, continuando a baciarla.
– Oddio, Emma… scusami… – le dico, so ti essere stato un po’ rude.
– Oh, Alex – mi dice lei accarezzandomi il viso – È stato stupendo. Lo volevo anch’io…
– È che ho perso la testa… – le dico – mi sono lasciato travolgere dalla gelosia…
– Beh, devo dire che hai un bel modo per calmare la tua rabbia… – mi dice, sorridendo.
La adoro, la amo da morire. “Le piace violento?” penso “Beh, buono a sapersi…”.
Sorrido tra me e me, poi la bacio nuovamente, con tenerezza. Mia, mia… solo mia.
Un sentimento di inquietudine mi investe, mettendomi tremendamente a disagio.
Quello stronzo… Ho paura che non mollerà così facilmente.
Michael
Guardo fuori dalla mia stanza d’albergo, il panorama di New York di notte.
La melodia di “Sonata al chiaro di luna” di Beethoven invade la stanza.
Rispecchia pienamente il mio stato d’animo… Ho una voragine, dentro.
È stata una giornata infernale, ho pensato continuamente ad Emma.
Stamattina, da lei, è andata veramente di merda, ha guadagnato terreno, il bastardo.
Quello stronzo se l’è portata a Los Angeles, se l’è portata nel suo letto. D’altra parte, basta guardarlo per capire che c’è dentro fino al collo, come me. Come dargli torto?
Almeno spero di averli fatti litigare. Sorseggio il mio bicchiere di scotch, ho praticamente svaligiato il mobile bar. Non riesco a levarmela dalla testa, mi è entrata nel sangue, nella pelle. E SO che anche lei prova qualcosa di intenso, per me.
È per questo che ho preso la mia decisione, so cosa devo fare.
Se la voglio tutta per me, ormai, è l’unica cosa che posso fare, anche perché mi rendo conto che non posso più stare senza di lei.
Ho deciso, e lo farò. Sarà dura, e molto, molto difficile. E le conseguenze saranno devastanti.
Ma è l’unico modo. E sono convinto che dopo, lei sarà mia, per sempre.
continua…
Copyright Samy P. ©
Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.