OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 13
Emma
Chiudo la valigia, sono eccitata, euforica. È venerdì sera, Alex ed io abbiamo deciso di passare un week-end da soli, lontano da tutto e da tutti. Domani, sarà San Valentino, gli ho comprato un piccolo regalo, non vedo l’ora di darglielo… Immagino la sua espressione non appena me lo vedrà addosso. Sorrido languidamente, è tutto perfetto, se non fosse per Michael.
Da quando si è presentato nel mio ufficio, lunedì, mi ha tempestato di telefonate, alle quali non ho mai risposto. Non ho voglia né di sentirlo, né di parlargli… anche perché, comunque, ha quel suo fascino maledetto che non mi lascia indifferente… e lui lo sa. Ed ho una paura folle che lo sappia anche Alex.
Dopo che ci siamo chiariti, lunedì, è stato fantastico, come sempre… dolce, amorevole, passionale. Ma vedo un’ombra, nel suo sguardo, un’ombra che mi spezza il cuore, ogni volta.
E so che la causa, probabilmente, sono io, perché lui sa che la mia mente non è del tutto sgombra, sa che ho le ombre del mio passato, da distruggere.
Spero di farcela, per lui, se lo merita… mi sta aspettando, paziente…
Guardo l’orologio, tra poco dovrebbe essere qui. Aspetteremo Paul e Sarah, per salutarli, poi partiremo, ancora non so per dove, non me l’ha detto, dice che vuole farmi una sorpresa… Sorrido.
Sento bussare alla porta, il mio cuore fa un sussulto, poi mi blocco “No, non è lui” penso.
Chi diavolo è a quest’ora? Mi avvicino e guardo dallo spioncino.
Michael?!? No, per favore…
– Emma, apri, lo so che sei in casa, ho visto la tua macchina – mi dice, deciso, oltre la porta.
Non rispondo.
– Emma, cazzo! Apri la porta o ti giuro che la butto giù! – grida.
Mi decido ad aprire la porta, non voglio che mi senta tutto il vicinato.
La apro, e me lo trovo davanti, con gli occhi fiammeggianti. Mi sposto, per farlo entrare.
– Un minuto, ti concedo, Michael, poi te ne vai. Aspetto una persona. – gli dico, seria.
– Non mi hai lasciato altra scelta, non rispondi nemmeno alle mie telefonate. – mi dice, furente.
– Non ho niente da dirti. – gli rispondo.
– Ah, siamo a questo punto? – mi chiede, rabbioso – Che ne è stato di noi, di quello che abbiamo passato insieme, un mese fa?… Di nostro figlio?
– Non ti azzardare a tirare in ballo lui – gli dico, seria – Lascialo fuori da questa storia, non ti riguarda.
Mi osserva, livido di rabbia, con le fiamme negli occhi.
– Emma… – mi dice, cercando di calmarsi – Per me è stato molto importante quello che c’è stato tra di noi…
– Ah sì? – gli dico ironicamente – Vallo a dire a tua moglie.
– Lo sapevi fin dall’inizio che ero sposato – tuona – Non te l’ho mai nascosto. Qual è il vero problema?
Rifletto… Tanto vale essere sincera, e dirgli la verità.
– Il vero problema, Michael, è che io non posso permettermi di giocare, alla mia età. Non sono più una ventenne con una vita intera davanti. Non voglio essere l’amante di un uomo sposato, te l’ho già detto una volta. Io voglio tutto.
– E se io potessi darti tutto, ora? – mi dice, con la voce roca, avvicinandosi a me.
– Cosa vuoi dire? – gli chiedo, indietreggiando.
Lui mi guarda, i suoi occhi blu mi perforano dentro. Indietreggio, spaventata, non voglio provare questa attrazione, per lui, è sbagliata…
– Mi vuoi, vero? – mi chiede, con voce roca – Lo so che mi desideri, ed io desidero te, da impazzire. Smettiamola, ti prego, di farci del male…
Ecco, sono con le spalle al muro, non posso più arretrare. Il mio respiro accelera, inesorabile.
Lui mi sorride, maliziosamente, poi si bagna le labbra.
– Che voglia di baciarti, Emma… – mi dice, avvicinando il viso al mio.
Un ultimo barlume di lucidità fa sì che io gli metta le mani contro il torace, respingendolo.
– No, ti prego – gli dico. Scivolo via dal muro e mi allontano da lui.
– Che succede, Emma? – mi chiede – Sono cambiate le cose? I tuoi sentimenti sono cambiati?
– Forse… – gli rispondo – Non lo so.
Lui sta in silenzio, a lungo.
– Ho lasciato mia moglie – mi dice, improvvisamente. Mi volto di scatto verso di lui, a bocca aperta.
– Cosa hai detto? – gli chiedo, allibita.
– Hai capito bene, ho lasciato mia moglie. Perderò l’azienda, tutto, ma non mi importa, voglio te.
Improvvisamente, il terreno diventa instabile, tutto gira, devo aggrapparmi al tavolo per non cadere. Sono sconvolta. Lo guardo negli occhi, è sereno, sorridente. Mi sta dicendo la verità, non ho dubbi.
Si avvicina, prendendomi le mani tra le sue. Non riesco nemmeno a muovermi.
– Vieni a vivere con me – mi dice – Mi trasferirò qui a New York, se necessario. Perderò l’azienda, ma con la mia laurea in architettura troverò sicuramente un altro lavoro. Emma, io voglio stare con te, solo con te. Cambierò, te lo prometto.
– Non so cosa dire… – gli dico.
– Pensaci un po’ su, almeno – mi sussurra.
Lo guardo negli occhi… Quanto tempo ho aspettato questo momento, tanti anni fa, e non appena l’ho rivisto, un mese fa, dentro di me, so che speravo accadesse. Ora, non so più nulla.
– Me lo prometti? – mi chiede – Ci penserai?
– Sì, ci penserò – riesco solo a dirgli.
Mi sorride, poi si china verso di me, posandomi un bacio sulle labbra.
– A presto, piccola – mi dice. Poi si avvia verso la porta, uscendo in corridoio e richiudendola dietro le sue spalle.
Sono sconvolta… barcollando, mi siedo sulla sedia, appoggio i gomiti al tavolo e mi prendo il viso tra le mani. Cosa diavolo faccio, ora?
Dopo circa mezz’ora sento un lieve bussare, che riconosco bene. Mi alzo, come un automa, e vado ad aprire la porta. Alex è lì, sorridente, davanti a me, meravigliosamente bello. Non appena mi vede, il sorriso scompare dalle sue labbra.
– Cos’è successo? – mi chiede subito, entrando e chiudendo la porta.
– Michael è appena andato via – gli dico immediatamente, evitando giri di parole.
– Scusa? – mi chiede, alterandosi subito – Cosa hai detto?
Alzo lo sguardo, osservandolo. È già livido di rabbia.
– Michael è stato qui, se n’è appena andato – sussurro.
– Cosa è successo? – mi chiede, teso.
– È venuto a dirmi che ha lasciato sua moglie… vuole che vada a vivere con lui.
Alex impallidisce, e vedo che contrae le mascelle. I suoi occhi diventano vitrei.
– E tu, cosa pensi di fare? – mi chiede, con voce bassa.
Lo guardo, le lacrime mi pungono gli occhi.
– Non lo so – gli rispondo, con voce tremante.
– NON LO SAI?!? – mi grida – Cazzo, Emma, non lo sai?!? Non posso credere che tu l’abbia detto davvero!
Ho un sussulto, mi prende un groppo alla gola, non riesco a parlare.
– Come puoi anche solo pensarla, una cosa del genere, Emma! Ma non conta niente, per te, quello che c’è stato fra noi? Quello che abbiamo passato insieme in questi anni?
– Certo che conta, Alex… – gli dico.
– Emma, io ti amo! Non conta niente per te, questo? – mi dice, disperato – Sono qui, con te, voglio passare tutta la mia vita, con te! Sei la donna della mia vita!
Le sue parole mi lacerano dentro, in questo preciso istante capisco quanto sia profondo il suo sentimento nei miei confronti e quanto io non sia ancora pronta ad affrontarlo. Gli farò male, e mi odio, per questo.
– Tu cosa provi, per me, mi ami? – mi chiede a bruciapelo.
– Alex, io… – gli dico.
– Cosa provi, Emma? No, perché a questo punto si tratta solo di questo.
– Alex… ho bisogno di tempo, ti prego, ho bisogno di pensare, capire… Se potessimo concederci una pausa…
– Io non sono uno che concede “pause di riflessione”, Emma – mi dice di getto, interrompendomi – O ci sei, con me, o non ci sei.
Lo guardo, non riesco ad aprire la bocca, capisco cosa sta per succedere, non voglio…
– Bene, il tuo silenzio è la tua risposta. Decido io per te. È finita, Emma.
– No, ti prego, Alex… – gli dico, cercando di trattenerlo per un braccio – non andartene, ti prego…
– Ah sì, Emma? Vuoi che resti? – mi dice lui, con un tono di scherno – A fare? A fare il tuo migliore amico, vedendoti con lui, sapendo che ci fai l’amore e che dai a lui tutto quello che desideravo io? No, grazie… Ci tengo alla mia salute mentale.
Con un gesto, spinge via il mio braccio, si volta ed esce, sbattendo la porta, andandosene da casa mia, dalla mia vita, probabilmente per sempre. Un’immensa voragine mi si apre dentro, squartandomi. Il pensiero di non averlo più nella mia vita, al mio fianco, è devastante. Crollo per terra, abbandonandomi alla disperazione, versando tutte le lacrime trattenute, scossa da terribili singhiozzi.
Sento la chiave nella serratura, e la porta che si apre.
– Ehi, ci siete? – dice Paul.
Mi volto a guardarlo, seduta al tavolo della sala da pranzo. Sono sconvolta, devastata dal dolore, non so quanto tempo sia passato… ho pianto tutte le mie lacrime.
Paul e Sarah corrono verso di me.
– Mamma! Cos’è successo? – mi chiedono, preoccupati.
– Alex mi ha lasciato… – gli dico, sussurrando.
– Come?!? – mi dicono, preoccupati – Raccontaci tutto.
– Oh, no, io…
– Mamma, siamo grandi, ormai – mi dice Paul – e vorremmo tanto aiutarti, se possiamo.
Inizio a raccontare, e gli racconto tutto, di Michael e di Alex. Della proposta di Michael, del dolore di Alex… È devastante.
– Non so che fare, non riesco più a pensare serenamente… – dico loro.
– Mamma – mi dice Paul – quello che conta per noi è che tu sia felice, devi scegliere quello che è meglio per te, non pensare a noi…
Sorrido loro, tristemente.
– Lo so… – sussurro – È che non riesco a capire COSA mi farebbe felice…
Sarah si volta un attimo a guardare il fratello, facendo un segno d’assenso con la testa.
– Sì, ok… – le dice Paul, poi si rivolge a me – Aspetta qui, mamma, torno subito.
Si alza e va in camera sua. Torna dopo pochi minuti, con in mano una busta chiusa.
Ha le lacrime agli occhi, così come Sarah, non capisco cosa succede.
La posa sul tavolo, e sopra vedo la scritta “Per Emma”, riconosco la calligrafia di Paul.
– È per te, mamma – mi dice con voce rotta dall’emozione – È di papà.
– Come? – gli chiedo sconvolta.
– Mi ha fatto promettere di custodirla, e di dartela solo nel momento in cui io avessi ritenuto che tu avessi bisogno di aiuto – fa una pausa, deglutendo – Penso che sia arrivato il momento.
– Ma quando?… – gli chiedo.
– L’ultimo suo giorno di lucidità, prima di entrare in coma. Quel giorno ha chiesto di parlare con Alex, ricordi? Quando Alex è uscito dalla sua stanza era distrutto, piangeva… Ricordi che se n’è andato via? – mi chiede, ed io annuisco, per dargliene conferma – Poi ha chiamato me. Mi ha dettato questa lettera per te, non aveva forza per scriverla, ma aveva tante cose da dirti…
Guardo mio figlio, è in lacrime.
– Io so anche cosa ha detto ad Alex, mamma… – mi dice – papà me lo ha detto.
– Cosa gli ha detto?… – gli chiedo.
– Questo deve essere Alex, a dirtelo, mamma… – mi dice Paul.
– Senti, ora ti lasciamo sola – mi dice poi, ed entrambi si alzano – Noi staremo fuori, a dormire, stasera, io vado da Erika, Sarah va da Annie. Penso sia meglio così, hai bisogno di riflettere.
È un uomo, mio figlio… sono orgogliosa di lui. Gli sorrido.
– Grazie – gli dico solamente – Ciao…
– Ciao, mamma – mi dicono, ed escono dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
Guardo la busta, sul tavolo… John… Mi manchi, tanto. Mi mancano le tue prediche, i tuoi consigli, la tua capacità di fare sempre la cosa giusta al momento giusto. Mi manca la tua guida. Sei stato il mio faro, la luce che ha illuminato il mio cammino nei momenti più bui.
Ed ora, anche dopo che te ne sei andato… Eccoti qui, per l’ultimo consiglio, l’ultimo spiraglio di luce, per me. Prendo in mano la busta, e la apro. Riconosco la calligrafia di mio figlio.
Cara Emma,
moglie mia adorata, madre dei miei figli, amore della mia vita.
Ho alcune cose da dirti, prima di lasciarti.
Purtroppo, so che non ho molto tempo, sono un medico, riconosco certi sintomi. Ho chiesto a mio figlio di scriverti questa lettera, al posto mio, non ho la forza per farlo, ma ho tanto da dirti, nella mente e nel cuore.
Ti ho amato tanto, e ti amerò sempre. Sei stata una moglie devota, una madre meravigliosa. Mi hai dato la splendida opportunità di crescere mio figlio Paul, e mi hai dato un’altra figlia, Sarah.
Avrei tanto voluto invecchiare insieme a te, veder crescere i nostri figli, diventare nonno.
Purtroppo, il destino ha voluto che la vita non andasse così, almeno per me. Ma non sono arrabbiato con la vita, le sono grato. Grato di aver avuto l’opportunità di essere tuo marito, di averti potuto amare ed essere amato da te. È stato un privilegio.
Sono orgoglioso dei nostri figli, sono forti, sono grandi, avranno successo nella vita.
Sono invece preoccupato per te. Sei giovane, bella, intelligente, brillante, ma sei troppo presa da quello che puoi dare agli altri, che da quello che puoi ricevere.
Io vorrei tanto che tu ti rifacessi una vita. Credimi, è difficile dirti queste cose ora, da questo letto, ma io ti amo profondamente, e voglio davvero che tu sia felice. È l’unica cosa che conta, per me.
Ti meriti tutto: gioia, felicità, soddisfazioni, amore.
E vorrei tanto che, per una volta, smettessi di pensare agli altri e le scelte le facessi per te stessa.
Guarda nel tuo cuore, Emma, è grande, ed hai tanto da dare, ma anche da ricevere.
Pensa con la tua testa, segui il tuo cuore, nient’altro. Scegli quello che è meglio per te.
I nostri figli sono grandi, capiranno. Se sei felice tu, lo saranno anche loro.
E lasciami andare. Ho vissuto intensamente, con te, non ho nessun rimpianto. Me ne vado felice.
Ti amo, per sempre.
John
Di nuovo, le lacrime inondano il mio viso. Piango, piango, finché non ne ho più.
Non so quanto tempo sia passato. Mi alzo, mestamente, e vado in bagno. Apro l’acqua della doccia, e mi spoglio, lentamente. Entro sotto il getto bollente, lascio che lavi via le mie lacrime e tutto il dolore e la tensione della giornata.
Dopo diverso tempo, esco, mi asciugo, infilo una tuta da ginnastica e torno in salotto.
Accendo la radio.
– Ed ora, in previsione della serata di domani, che sarà San Valentino, un intramontabile successo: “The power of love” dei Frankie goes to Hollywood.
Parte la melodia. Mi sfugge un sorriso tenero, la nostra canzone, mia e di John.
Mi preparo un the caldo, e mi siedo sul divano.
“Ok, John… sarà una lunga notte” penso.
Il sole è alto, sto guardando fuori dalla finestra una New York ancora addormentata, è sabato mattina, ed è ancora presto.
È una giornata fredda, ma limpida. Sarebbe stata perfetta per fare jogging, ma non volevo correre il rischio di incontrarlo. Sorseggio il mio caffè, è stata una lunga notte, ho dormito poco e male, ma ha portato consiglio. Ho le idee perfettamente chiare, ora, so cosa fare.
Finisco il mio caffè, poso la tazza nel lavandino e vado in camera. Mi vesto, infilo un paio di jeans azzurri, un maglione nero e gli stivali, poi mi fermo a guardare la foto di John, sul cassettone.
Lentamente, mi sfilo il suo anello di fidanzamento e la fede, e li poso davanti alla foto.
Mi porto le mani alle labbra, per un ultimo bacio, e lo do a lui, sul vetro della fotografia.
– Grazie, John. Ti amerò sempre. – gli sussurro.
Faccio un lungo sospiro, mi avvio verso la porta, mi infilo la giacca, prendo la borsa, ed esco, chiudendomi la porta alle spalle.
Busso alla porta, lui apre subito.
– Ciao, piccola… – mi dice, sorridente.
– Ciao, Michael.
continua…
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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.