OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 8
Emma
Ci accomodiamo al tavolo della sala conferenze, io, Alex, Jack ed il nostro Presidente, Alan.
Abbiamo di fronte a noi circa cento dipendenti della NY Advertisement, che ci guardano incuriositi.
Prende la parola Alan, alzandosi in piedi e recandosi nella postazione per il discorso.
– Buongiorno a tutti. Ho indetto questa riunione, oggi, per comunicarvi che la nostra società ha di fronte un’opportunità storica, senza precedenti. L’azienda Blue Diamonds Corporation vuole intraprendere una nuova campagna pubblicitaria, ed ha chiesto a noi di preparare un progetto.
Purtroppo, l’ha chiesto anche ad altre due società, nostre concorrenti. Starà a noi, presentare il progetto migliore ed ottenere questo contratto. Non vi nascondo che si parla di cifre da capogiro.
Chiedo l’impegno di tutti. Qui al mio fianco ho i nostri direttori di settore, sono informati su tutta l’operazione, vi prego di fare riferimento a loro per qualsiasi cosa. Ora, la parola al nostro direttore commerciale, Alex Anderson.
Alex, seduto di fianco a me, si alza, e si dirige verso la postazione, stringe la mano ad Alan, che gli lascia il posto e si accomoda di nuovo al tavolo.
Scroscia un enorme applauso, tra visi sorridenti e soddisfatti. Poi, cala il silenzio.
Guardo Alex, è tranquillo come ieri sera, quando eravamo al pub. Sta per fare un discorso davanti a cento persone e non ha il minimo tentennamento. Inizia a parlare, a braccio, senza nemmeno un foglio di appunti o una scaletta. È incredibilmente bravo, nel suo lavoro.
Guardo il pubblico, che lo ascolta. Il pubblico maschile è ammirato, interessato, il pubblico femminile è… beh, che dire… forse… estasiato?
Non saprei che altro termine usare, senza cadere nel volgare!… Sono allibita!
Sono tutte a bocca aperta, che lo guardano, alcune arrossiscono, persino.
Scuoto la testa, e mi giro ad osservarlo, incuriosita, ed immediatamente, capisco perché.
È bello, Alex, molto bello, questo l’ho sempre saputo.
Con quei capelli biondi, gli occhi azzurri, e quel sorriso smagliante. Oggi indossa un completo grigio chiaro, con camicia bianca e cravatta scura, è molto elegante.
Ma c’è dell’altro. Emana un fascino particolare, potente, ha uno sguardo quasi severo, sicuro di sé. Parla con voce bassa, controllata, tranquilla, guardando dritto negli occhi, lui non ha mezze misure.
Mi rendo conto di una cosa che è lampante, ma che io non ho mai voluto vedere.
È sexy, terribilmente sexy… Chissà com’è, nell’intimità, con una donna…
“Emma!!!” mi rimprovero “Ma ti sembra il momento? Che cavolo vai a pensare…” mi metto quasi a ridere… Sono quindici anni che lo conosco, siamo amici per la pelle… ed io… penso di non averlo mai nemmeno visto in costume da bagno.
Non so nemmeno come sia il suo corpo, non l’ho mai visto a torso nudo…
Non so se è muscoloso, se è forte… La mia mente, si lascia prendere la mano, e lo immagino, svestito… Istintivamente, stringo le cosce, sotto il tavolo… “Accidenti, Emma, è Alex… non fare cazzate.”
Arrossisco fino alla punta dei capelli, sperando che nessuno se ne accorga.
In pochi minuti, finisce il suo discorso, ricevendo uno scrosciante applauso, e torna a sedersi al mio fianco.
– Allora, come sono andato? – mi chiede.
– Bene, come sempre – gli dico sorridendo, cercando di mascherare il mio stato d’animo di poco prima. Ma so che è inutile, mi conosce troppo bene.
– Che hai? – mi chiede, incuriosito.
– Nulla – gli dico. Mi sento avvampare.
Lui mi osserva, stringendo gli occhi, poi fa un sorriso malizioso.
– Emma, Emma… – mi dice, sottovoce, scuotendo la testa.
Ha capito tutto. “Accidenti, Emma!” urlo dentro di me.
Alex
Mi massaggio il collo indolenzito, sono a pezzi, completamente distrutto.
La tensione della giornata, il lavoro estenuante… Mi sta piovendo tutto addosso.
Oltretutto, ho fame, una fame spaventosa.
Sento un leggero bussare, musica per le mie orecchie.
– Avanti – dico.
Emma fa capolino dalla porta.
– Dai, basta lavorare! Vieni, ti porto fuori a cena.
Entra nel mio ufficio, viene verso di me e mi porge la mano.
Io la afferro e le sorrido, alzandomi dalla sedia. Come posso resisterle?
– E dov’è che mi porti? – le chiedo, mentre mi srotolo le maniche della camicia e mi metto la giacca.
– Vedrai, vedrai… – mi dice lei allusiva – Dai, preparati che ti aspetto giù. Hai la macchina?
– Sì, nel parcheggio.
– Allora facciamo così: portala a casa, ci vediamo da te, ti aspetto in macchina.
Non aspetta nemmeno la mia risposta, si volta con un sorriso e se ne va. Resto lì, allibito.
– Allora, ti sbrighi? – mi dice, facendo capolino di nuovo.
– Sì, ok… arrivo! – le dico, indispettito.
Lei si mette a ridere, poi mi strizza l’occhio e se ne va.
Scuoto la testa… È tornata, l’Emma di sempre, spensierata, allegra, solare… bellissima.
Mi torna improvvisamente in mente la sua espressione, oggi, quando ho finito il mio discorso.
Aveva gli occhi che brillavano, le guance arrossate… Sembrava quasi… eccitata?
Mi ha guardato languidamente, quando sono tornato al tavolo, ma era anche stranamente imbarazzata… Non oso nemmeno sperare che stesse pensando a me.
Cerco di non pensarci, prendo il giaccone, e mi avvio all’uscita, verso l’aria fredda.
Meno male, è quello che mi ci vuole.
Ho parcheggiato il mio suv nel garage privato del mio palazzo, esco in strada e la vedo, sulla sua Trax nera, che mi aspetta, sta parlando al telefono.
Voglio sapere immediatamente CON CHI E’, salgo al volo.
– Sì, ho prenotato oggi, per fortuna ho trovato posto – dice – Certo, se lo merita, no? Dopo il discorso che ha fatto! – fa un’altra pausa – Ok, prometto di non fare troppo tardi… Ciao, amore, saluta Erika e dai un bacio a Sarah. Ti voglio bene.
Riattacca… era Paul, per fortuna. Dentro di me, faccio un respiro di sollievo.
Non mi ha più parlato di lui, lo vedrà ancora?
Purtroppo, devo rimanere con il dubbio, non voglio affrontare l’argomento.
Istintivamente, premo il tasto della sua autoradio, posizionandomi su una stazione di musica rock.
Sento “You shook me all night long” degli AC/DC. La adoro, e lei lo sa. Alzo il volume ed inizio a muovere la testa a tempo di musica, platealmente. Lei si mette a ridere, di gusto. Abbasso, guardandola.
– Allora, posso sapere dove mi porti? – le chiedo.
Mi sorride, e parte velocemente senza dire nulla, guidando nel traffico.
A mano a mano che ci dirigiamo verso la nostra meta, intuisco dove mi sta portando.
– Andiamo al “The View”, vero? – sa che lo adoro. Quella vista è spettacolare.
– Mi sembra il minimo, oggi sei stato veramente grande. Sono orgogliosa di te – mi dice, sorridendo.
“Wow” penso “questo cancella tutta la stanchezza e tutte le tensioni della giornata”.
Arriviamo subito, parcheggiamo e ci dirigiamo lassù, nel cielo.
Abbiamo il tavolo riservato, vicino alla vetrata.
– Ma come hai fatto a prenotare con così poco anticipo ed a trovare posto vicino alla vetrata?
– Anch’io ho i miei assi nella manica, caro… – mi dice, sorridendo ironicamente.
Il cameriere arriva immediatamente, consegnandoci i menù e la lista dei vini.
– Io ho voglia di mangiare pesce, tu? – mi chiede Emma.
– Va benissimo anche per me – le dico. “Tutto quello che vuoi, amore…” penso.
Ordiniamo un’insalata di gamberi e salmone alla griglia, il tutto innaffiato con una bottiglia di ottimo Chablis.
Il vino arriva subito con il vino e me lo versa nel bicchiere, lo assaggio, è fresco, aromatico, squisito. Nel momento in cui appoggio il bicchiere sul tavolo e dico al cameriere che va bene, qualcosa, dietro le spalle di Emma, attira il mio sguardo.
Qualche tavolo più in là del nostro, c’è Michael. Michael, con una donna bionda. Le tiene la mano, se la porta alle labbra… è inequivocabile. Distolgo subito lo sguardo, ma Emma se ne accorge.
Fa per voltarsi, ma le prendo la mano, stringendogliela.
– Non farlo – le dico – per favore, non voltarti.
È intelligente, la mia Emma… capisce al volo, e si volta immediatamente.
In quel momento, anche lui si gira, e la vede. Diventa improvvisamente serio, e sposta di nuovo l’attenzione sulla donna al tavolo con lui.
Emma si volta verso di me, pallida. Oh Dio mio…
– Emma, tesoro… stai bene? – le chiedo preoccupato.
– Sì… – mi dice – Sono tre giorni che non si fa sentire, ora capisco il perché.
Mi guarda, c’è rimasta male… ma, sinceramente, pensavo peggio.
Che bastardo, lo prenderei a calci in culo, lo stronzo.
Vedo con la coda dell’occhio che si alza, prende per mano la donna bionda con lui e si avvicina al nostro tavolo. Non riesco a crederci.
– Ciao Emma – dice a lei.
– Ciao, Michael – gli risponde, splendidamente calma e tranquilla.
– Buonasera – mi dice.
– Buonasera – gli rispondo io, continuando a tenere la mia mano su quella di Emma.
Noto che lui osserva le nostre mani, in silenzio. Vengo invaso da un sottile brivido di piacere.
– Vedo che abbiamo avuto la stessa idea – dice – questo posto è veramente favoloso. Lei è mia moglie, Julie. Mi ha fatto una sorpresa, è arrivata domenica, starà qui per un paio di settimane.
Osservo Emma, è impassibile. Mi faccio avanti per primo, alzandomi in piedi.
– Piacere, Julie, io sono Alex – le dico stringendole la mano, che lei stringe a sua volta, poi mi giro verso Michael – E tu sei…?
Lui fa un sorriso ironico, capisce che gli sto comunicando che Emma non mi ha mai parlato di lui. Entrambi sappiamo benissimo che non è vero.
– Michael – mi risponde, stringendomi la mano – Piacere.
– Ciao Julie, – dice Emma alzandosi e stringendole la mano – io sono Emma.
– Piacere, Emma – le risponde Julie stringendole la mano a sua volta.
La osservo un attimo, è veramente bellissima, probabilmente è una fotomodella. Ha lunghi capelli mossi, biondi, ed occhi verdi. È giovane, avrà trenta o trentacinque anni. Osserva Emma con uno sguardo triste, probabilmente ha capito che c’è stato qualcosa, tra lei e Michael.
– Bene – dice Michael – non vogliamo disturbarvi, ce ne stavamo andando. Piacere di averti rivisto, Emma. Alex.
Li salutiamo, vediamo che si dirigono verso l’uscita, e lui cinge la vita della moglie con un braccio.
Mi volto verso Emma, sta guardando il panorama di New York fuori dalla vetrata.
– Stai bene? – le chiedo.
Si volta verso di me, impassibile.
– Sì, sto bene… Sapevo che sarebbe accaduto, prima o poi – mi dice, seria – È che mi dispiace per lei. È bella, giovane…
– Sì – le dico – È bella, giovane ed ha capito perfettamente cosa stesse succedendo.
Vedo che si morde il labbro inferiore, pensierosa, poi mi guarda.
– Sarà meglio che chiuda questa storia… – mi dice.
“Sarà meglio, cazzo!” Urlo dentro di me, mentre il barlume della speranza si fa strada nel mio cuore.
– Devi fare quello che ti senti, Emma – le dico invece, stringendole la mano.
Vedo il cameriere che si avvicina, con i nostri antipasti.
– Ora, però, vediamo di non pensarci e concentriamoci sui nostri gamberi – le dico strizzandole l’occhio.
Lei mi fa uno stupendo sorriso, scuotendo la testa.
– Sei fantastico – mi dice – Ma come farei senza di te?
Mi sento scoppiare il cuore. Le sorrido, senza dirle nulla. Si sta mettendo molto bene, per me… Non vedo l’ora di andare a Los Angeles.
Michael
“Ma chi diavolo era, quello?… Sono convinto di averlo già visto.” penso tra me e me. Poi, mi viene in mente dove. “Ma certo, era quel tipo che ho visto in corridoio la prima volta che sono stato in ufficio da lei, quello che mi ha incenerito con lo sguardo…”
Ripenso a quel giorno, quando l’ho fatta venire subito, nel suo ufficio. Il mio uccello ha un guizzo.
Cazzo, quella donna mi fa impazzire, come venticinque anni fa.
Quando l’ho vista stasera, con quello… Per poco non faccio una scenata, persino davanti a mia moglie. L’idea che lui possa toccarla mi fa uscire di testa… Lei è mia, il suo corpo è MIO…
– Che c’è, Michael? – mi chiede improvvisamente Julie.
– Nulla, piccola – le dico, dandole un bacio sulla guancia.
– C’è qualcosa, tra te e quella donna, vero? – mi chiede.
– No, tesoro… – le rispondo mentendole – Non preoccuparti, non c’è nulla.
Lei guarda il pavimento, senza parlare, non mi crede. Merda, devo rimediare, e so come farlo.
Saliamo in macchina, guido velocemente per arrivare prima possibile in hotel.
Apro la porta della suite e getto le chiavi sul tavolino dell’ingresso.
Lei cammina, lentamente, verso la camera da letto. È bella, Julie, bellissima. So cosa le piace, so come farmi perdonare qualsiasi cosa… E mi risulta facile, è un piacere scoparla.
La seguo, in silenzio. Vedo che si toglie le scarpe altissime, ed inizia ad abbassare la zip del vestito. È il mio segnale. Avanzo verso di lei, le prendo la zip e la abbasso io, lentamente.
– Aspetta, piccola, faccio io… – le dico.
Le sfilo il vestito, facendoglielo cadere ai piedi. Non porta il reggiseno, non lo porta mai, se lo può permettere. La abbraccio da dietro, stringendole i seni sodi con le mani.
Poi, scendo lentamente, verso le sue mutandine, ed infilo una mano dentro. Lei inarca la schiena, appoggiandomi la testa sulla spalla ed offrendomi le sue bellissime labbra. La bacio, profondamente, mentre infilo le mie dita dentro di lei, ed inizio a muoverle.
Di colpo, mi viene in mente Emma, nel suo ufficio… e poi qui, in questo letto… I suoi seni, le sue gambe, la sua espressione di piacere… Ed esplodo. Prendo mia moglie, la giro verso di me e le strappo le mutandine. La spingo sul letto, mi sbottono velocemente i pantaloni e me li calo, insieme ai boxer.
È protetta, lei, quindi non ho bisogno di quello schifo di preservativo… Mi corico su di lei, e la penetro, subito, con forza. Lei urla di piacere. Inizio a muovermi, ed il viso di Emma, il suo corpo, la sensazione di essere dentro di lei mi annebbiano la mente. Una passione senza precedenti mi investe, e la riverso su Julie. Mi muovo, sempre più velocemente, sempre più profondamente, spingendo forte, in fondo. La sento che urla, viene come un fottuto treno in corsa. Ed io la seguo, svuotandomi violentemente dentro di lei. Chiudo gli occhi, e la bacio appassionatamente.
Il viso di Emma è ancora lì, impresso nella mia mente.
“Merda” penso “Sono fottuto. Ci sono dentro fino al collo”.
continua…
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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.